venerdì 2 marzo 2012

" Che cosa c'e' nella stanza 237 ,Tony? "


Aveva programmato tutto al dettaglio Josè Luis, 17 anni, argentino di Cordoba, sguardo audace e occhi furbetti del gatto che ha mangiato il canarino.....uno scherzo diabolico, una forma di vendetta verso una cugina che amava o detestava troppo.
Aveva il numero di cabina, gli orari degli spostamenti delle ragazzina, il rossetto sottratto dalla borsetta della mamma, la chiave della cabina della cugina prestata dall'amica complice con la quale la cugina condivideva la stanza, aveva persino imparato a scrivere in inglese corretto per quella circostanza, lui che in inglese era sempre stato una capra......un ulteriore dettaglio per allontanare i sospetti e costruirsi un alibi di ferro.
All'ora prestabilita scatta il piano: le tre ragazze sono in cabina, la complice invita le altre ragazze a prepararsi e dopo cinque minuti sono in bagno tutte e tre insieme come le donne normalmente sono solite fare.
Josè Luis è fuori dalla cabina, ha la chiave in mano e con coraggio entra di soppiatto silenzioso come un gatto nella cabina delle ragazze.
Estrae dalla tasca il rossetto sottratto alla mamma e scrive sullo specchio a letter cubitali una frase in inglese:
"IN THREE DAYS YOU ARE GONNA DIE....EXPECT US"
Eseguita la operazione, si ripone il rossetto in tasca ed esce silenziosamente dalla cabina.
Le ragazze in bagno non sospettano nulla e non sentono alcun rumore.
Quando escono dal bagno la porta della cabina è chiusa, tutto è in ordine e uguale.
C'e' solo questa grande, inquietante, demoniaca frase sullo specchio.
Le ragazze esplodono in un grido di terrore, seguito da un pianto isterico convulso.
Il terrore e il panico non le permettono di ragionare ne' di chiedere aiuto.
Rimangono li' impietrite, piangendo e urlando invocando la presenza del diavolo.
Il caso vuole che la prima persona a sentire le grida  e ad accorgersi dell' accaduto passando davanti alla cabina fosse il prete della nave, Padre Emanuele, ribattezzato Padre Karran da quella circostanza, il parroco del film l' Esorcista.
La presenza del padre aggiunge un tono macabro-grottesco alla situazione.
A scanso di equivoci e per non essere superficiale, Don Emanuele recita seduta stante una preghiera per allontanare eventuali presenze demoniache.
Shining a confronto era una commedia con Renzo Montagnani ed Edwige Fenech.
Quando la situazione viene portata all' ufficio informazioni il caos è completo. I genitori cercano di consolare le figlie isteriche, i security vengono sguinzagliati per la nave, gli ufficiali effettuano prove ortografiche ai soliti sospetti........
Quando Josè Luis si rende conto che la situazione gli è scappata di mano, decide di vuotare il sacco dopo mezz' ora di pandemonio.
Ancora riecheggia nell hall centrale il suono dello schiaffo che la cugina ha girato a Josè Luis. Gli insulti che sono seguiti non possono essere riportati.
Confesso di avere provato un po' di delusione quando il giallo si e' risolto in maniera così banale e rapida. Un po' la stessa malinconia quando scopri che il mostro di Lochness non esiste.
Ad ogni modo bisogna rendere omaggio alla fantasia contorta e crudele di Josè Luis perchè quello stesso lampo di follia, di genio, di criminalità è lo stesso lampo che domina spesso la mente dei geni per raggiungere eroici furori nelle grandi scoperte o intuizioni. La linea di demarcazione tra il bene e il male è molto sottile e alle volte si assottiglia in maniera indistinguibile.           

martedì 28 febbraio 2012

O maior espetáculo da Terra







Il piu' grande spettacolo del mondo.
Cosi' i brasiliani definiscono il loro Carnevale. Hanno decisamente ragione.
Mai avevo assistito a una simile esplosione di gioia e di colore.
Mi sono seduto sugli spalti del sambodromo alle 9 della sera, me ne sono andato alle 6 del mattino, stanco, felice. Non un solo momento di noia. Una gioia da vedere e da vivere.




Nove ore di spettacolo preponderante, un fiume di colore, un arcobaleno liquido che scorre ininterrotto lungo i due chilometri di strada nel cuore della notte con lo stesso entusiasmo della prima scuola a sfilare.
Prezzo del biglietto: 250 euro, prezzo piuttosto alto ma in definitva misurato con il tipo di spettacolo offerto.
Hanno sfilato sei scuola di samba di differenti rioni della città:

- Sao Clemente


- Ilha Do Gobernador


- Salgueiro


- Mangueira


- Unidos da Tijuca


- Grande Rio




Lo spettacolo è travolgente. Ogni scuola presenta in media 2.000- 3.000 paertecipanti vestiti con costumi di raffinatissima fattura, coloratissimi, fantasiosi e cromaticamente inanellati uno dentro l'altro.......


Ogni scuola ha 1 ora e 20 minuti per sfilare lungo i 2 chilometri di strada.
Se non vengono rispettati i tempi, cioè se l'ultimo sfilante non esce dal cancello di chiusura in fondo al sambodromo nel tempo indicato, la squadra viene eliminata, cosi' come viene eliminata se la portabandiera perde la bandiera.
Le prove durante l'anno sono incessanti, preparazione di costumi e coreografie occupano oltre 11 mesi. Al momento della sfilata si raggiunge quasi la perfezione. Una sinergia di movimenti, una simmetria di figure, costumi, colori che mette gioia solo ad essere osservata.




Ogni scuola canta durante gli 80 minuti il grido della scuola, una canzone scritta e composta durante l'anno da artisti della scuola. Dura circa un minuto e mezzo che viene ripetuta incessantemente durante tutta la sfilata, un mantra che ti entra nel cuore anche se non capisci quello che si canta.




E poi c'e' la "bateria", il cuore pulsante della scuola, la parte ritmica di samba che accompagna la sfilata: una squadra di 300 tamburi, tamburelli, gran casse e ogni altro tipo di percussione.....una specie di generatore di Van der Graaf naturale, un fiume di suoni straripante, un fronte di energia che si incanala tra i muri di contenimento delle gradinate, un suono cosmico composto che raggiunge la sua massima forza nell' unisono delle percussioni.....
Il risultato finale e' una sinfonia di suoni armonici nell'universo, un dipinto con tutti i colori della scala cromatica, una scultura che ruba la fugacità e le bellezza del movimento nell'istante, una poesia che racconta la ruota dell'infinito con un linguaggio universale.
Alla fine ha vinto la competizione la squadra degli Unidos da Tijuca, curiosamente la sfilata che ha me a impressionato meno, e questo la dice lunga su quanto io me ne intenda di Carnevale.........ma l'aspetto competitivo è marginale, almeno per noi turisti.......quello che rimane nel cuore è la gioia e la vibrazione di una esperienza magica.    
Sono uscito gaudioso, elettrizzato, sognante........poter compartire le sensazoni con alcuni amici di bordo è stata la parte piu' bella.
Riguardo i video che ho girato con la mia macchina e mi tornano i brividi.....
Assolutamente un' esperienza da ripetere.


lunedì 13 febbraio 2012

La fucking favela Villa 31 de Retiro



L'altro ieri eravamo a Buenos Aires.
Come ogni porto sono sceso per andare a farmi la mia corsa quotidiana, in ogni porto dedico un paio di ore all'allenamento fisico.
Avevo deciso di andare al Parque Palermo, area verde della città nella parte ovest di Buenos Aires con prati e laghetti.
Per raggiungere questa area dal porto bisogna passare attraverso il quartiere Retiro, un area decisamente non simpatica e famosa per essere piuttosto pericolosa. Come ogni volta esco dalla nave e mi dirigo verso il centro passando davanti alla stazione degli autobus del Retiro.
L'itinerario normale impone di girare alla sinistra della stazione degli autobus e mantenere la strada principale.
Sicuro della mia conoscenza della città, in questa circostanza avevo deciso di andare per una nuova via alla scoperta di nuove aree metropolitane. Avevo deciso di girare alla destra della stazione degli autobus, sicuro che mi sarei ricongiunto ugualmente alla via principale poco dopo la deviazione.
La strada procede dritta dritta, non una deviazione, non un incrocio, una specie di percorso obbligato, come un cavo elettrico dentro alla bocca di un lupo la strada entra dentro a un barrio che non conosco. Senza neanche accorgermene sono dentro a una favela. Le costruzioni di lamiera e la case con i mattoni a vista mi mettono in allerta.
Osservo due ragazzini fumare qualcosa che non è una sigaretta, il loro sguardo è alterato e allucinato in una smorfia di allegria sintetica.
Procedo diritto alla ricerca di una via di uscita. Come nel Macbeth di Shakespeare, il tornare indietro sarebbe altrettanto doloroso quanto l'andare avanti. Cerco di restare sulla via principale, il degrado aumenta, case sempre piu' rovinate, figure sempre piu' losche, parchi giochi per bambini abbandonati, carcasse d'auto....dove cazzo sono finito?
Chiedo a qualche abitante con un aspetto degno e affidabile la via di uscita per ricollegarmi al centro, mi guardano con aria stupita e incredula, non credo abbiano mai visto uno straniero di corsa a torso nudo in questo posto.
Mi indicano una strada a un chilometro, un fottuto chilometro per uscire da questo inferno. Imbocco un vicolo che mi deve accompagnare al varco di uscita. Sono su uno sterrato in mezzo a una baraccopoli vera e propria.
Non ci sono piu' case di mattoni, solo baracche e cani di strada.
Mi faccio coraggio e procedo cercando di pensare positivo.
All'orizzonte a circa 200 metri di distanza si avvicina una figura di corsa, mi viene incontro un uomo in calzoncini neri e piedi nudi, lo sguardo alterato.
Qui si fanno di paco, un sottoprodotto della produzione della cocaina molto economico, la droga dei meninos de rua argentini.
Ha in mano una pistola. Me la sta puntando contro.
Mi intima di dargli tutto quello che ho in tasca dei pantaloncini.
Non so esattamente cosa passasse nel mio cervello, credo che la paura avesse prodotto una forma di anestetico al vetriolo. Mi sentivo lucido, consapevole e abbandonato. La realtà sembrava fosse diventata di vetro.
Ho sentito che la mia vita valeva quanto un pacchetto di Sobieski senza filtro, sigarette nazionali polacche che portai a mio fratello come souvenir da un viaggio in Nord Europa.
Gli ho porto con molta calma tutto cio' che avevo riposto in tasca: il mio orologio, il mio lettore MP3, un borsellino con circa 50 Euro. Mi ha tolto dalla testa gli occhiali da sole.
Mi ha sgridato dicendomi che non dovevo azzardarmi ad avventurarmi in quel posto. Gli ho risposto che mi ero perso e che volevo tanto non essere in quel posto.
Dopo avergli lasciato il tutto mi giro e torno indietro da dove ero arrivato sperando di non venire colpito alle spalle.
Mi allontano e dopo 500 metri un' altra coppia di ragazzi mi si affianca da dietro. Mi intimano di lasciarlgli anche le ultime cose che mi sono rimaste: le scarpe e la maglietta. Gliele porgo senza batter ciglio.
In calze e pantaloncini procedo a ritroso in cerca dell uscita.
Uno dei due ladruncoli prova una sorta di pena per me e mi restituisce le scarpe, o forse semplicemente non gli piacevano. Mi informa anche che se procedo diritto a ritroso su quella via secondaria incontrerò probabilmente altri dieci ladri e le possibilità di sopravvivenza sarebbe scese drasticamente.
Mi dice di essere finito nella favela Villa 31 de Retiro, la piu' pericolosa di Buenos Aires.
Mi fa da guida all interno della favela, mi accompagna verso la strada principale e mi abbandona. Cerco di camminare con  aria indifferente come se fossi parte della popolazione locale.  Guardo basso con passo spedito. L'uscita è vicina, la stazione degli autobus è a quattrocento metri.
All' uscita mi giro un' ultima volta verso la fucking favela. Mi sembra di essere Orfeo che esce dagli inferi. Ho ringraziato il Cielo e tutti i miei Santi protettori.
All'arrivo sulla nave sono piu' o meno in stato di choc, mezzo nudo, pallido come un cencio, ma consapevole di averla scampata bella.
Il giorno dopo una mia amica uruguaiana mi ha manda un articolo a riguardo di un giornalista francese lo stesso giorno nello stesso quartiere, sempre a Retiro ma nella parte piu' turistica, non nella favela, non ha avuto la mia stessa fortuna

http://www.infobae.com/notas/631043-Asi-asesinaron-al-reportero-grafico-frances-en-la-Plaza-San-Martin-de-Retiro.html  
 
Uno dei miei scrittori preferiti, Carlos Castaneda, sostiene che dobbiamo essere sempre pronti a morire e che la morte ci cammina a fianco in ogni istante......bene...io non la ho mai sentita così vicina come in questa circostanza.......
Pensieri filosofici a parte, oggi mi sento piu' maturo, piu' saggio e piu' adulto e soprattutto mi sento molto fortunato. Ringrazio il Cielo di essere qui a scrivere sul mio blog.
Un caro saluto a tutti
 

  


 

martedì 20 dicembre 2011

Mondi paralleli







Negli ultimi due giorni mi sono accaduti due piccoli eventi che mi hanno reso il Brasile particolarmente simpatico. Sono piccole storie di quotidianità, aneddoti di poca rilevanza ma nella mia prospettiva molto significativi.
La prima storia ha per luogo Ilhabela, isola tropicale di fronte a San Paolo.
Il prodotto tipico è l'Acai (leggi Asaì) una specie di granita di un frutto simile al mirtillo condita con muesli, miele e banana.
Nella mia curiosità di provare ogni cosa nuova, mi sono comprato questo granitone. Costava 5 Real Brasiliani (circa 3 Euro). Dal portafoglio tiro fuori due banconote da 2 Real e diversi spiccioli. Il totale che avevo in mano era 4 Real e 60 centesimi. Non essendo sufficiente, tiro fuori la banconota da 20 Real. Il gestore del chiosco mi dice " No tem problema, dai as monedas". Non volevo lo sconto, volevo pagare il giusto. Lui ha insistito affinchè gli dessi meno del dovuto ma mi liberassi dagli spiccioli. Ho accettato la cortesia non senza rimanere un po' stupito dal gesto. Mi tornava alla mente quando dalla giornalaia sotto casa mia ho comprato la Repubblica con l'inserto che costava 50 centesimi in piu'. Ne avevo solo 30. La giornalaia mi ha apostrofato: "Ehhhhh beliiiiiiiinnnnnnn........" per cui ho fatto a meno del giornale.....oppure quando al supermercato  per 20 centesimi di sacchetto ho dovuto cambiare 50 euro.





L'altra storia è di oggi pomeriggio.
Eravamo con la nave a Santos, sono andato a correre sul lungomare e come d' abitudine mi sono portato un sacchettino con un po' di denaro per emergenze o per compare da bere a fine corsa per evitare disidratazione. Oggi, dopo aver sudato per una ora e mezza arrivo davanti a un carretto che vende Caldo de Cana.
Il caldo de cana è il succo che esce dalla spremitura di bastoni di canna da zucchero attraverso una macchina schiacciatrice. Una bevanda meravigliosa. Ordino immediatamente mezzo litro di Caldo De Cana che tiro giu' in un sorso, poi un altro, poi e' il momento di pagare i 10 Real........e mi accorgo che il mio sacchettino con il denaro non è piu' in tasca, mi e' cascato da qualche parte durante la corsa. Non ho un soldo e non so come pagare.
In un moto di disperazione chiedo alla padrona del carretto di accettare il mio Ipod come garanzia di pagamento, sarei andato a cercare il sacchettino nella vana speranza di ritrovarlo.
La signora categoricamente ha rifiutato il mio Ipod dicendomi "Vaya con Deus.....".
Torno di corsa sul percorso effettuato con nessuna velleità di ritrovamento.
E invece....incredibile.......dopo 15 minuti di corsa a ritroso......una sagoma nera si staglia nell'erba della passeggiata lungomare di Santos....il mio sacchettino!!!!!   Con ancora 150 Real dentro!!!!!! Festeggiante, torno di corsa al carrettino felice di poter saldare il mio debito.
La signora si stupisce e si rallegra del mio ritrovamento.
Finalmente procedo al pagamento: 10 real per i due caldo de cana e decido di dare 20 real per omaggiare la onestà e la fiducia della signora che è anche nonna di una nipotina di pochi anni e sicuramente non è multimilionaria.
La signora categoricamente rifiuta il mio omaggio ed esige di essere pagata solo 10 real. Nonostante la mia insistenza non vuole sentire ragioni, vuole solo i 10 real delle bevande. Con un certo imbarazzo pago 10 Real, ringrazio e me ne vado.
Mi si è aperto il cuore.
Per molte persone questi aneddoti possono essere di poco valore, per me sono pieni di significato.
Non voglio dire con questo che cose del genere da noi non succedano.
Mi ha mostrato che la scala dei valori sociali, economici, etici e morali qui sono molto diversi rispetto a quelli in cui sono cresciuto.
Mi sono venute in mente la crisi, la disoccupazione, il dito medio di Bossi, le lacrime della Fornero, la manovra fiscale, gli scioperi......
Forse la crisi non è un fattore economico-sociale, ce la portiamo dentro, è uno stato d'animo distorto,un atteggiamento sbagliato nei confronti del prossimo prima ancora che una situazione finanziaria.
Ed ora.....caldo de cana e acaì per tutti !!!!!!!!


sabato 17 dicembre 2011

Tombola!!!!!!!



Oggi sono andato a prendere un caffè al bar della nave.
Il cameriere è un uomo che conosco da diversi contratti, un barman indonesiano di nome Ambu Sampunapyan.
Ambu ha sempre il sorriso stampato in volto, una cortesia e una facilità al sorriso sincera, genuina, non artefatta. E' sempre disponibile, gentile e sembra sempre di buon umore. E' sempre un piacere andare a prendere un caffè da lui.
Oggi ordinando il caffè gli ho chiesto:
"Ambu, do you know what does your name mean in Italian?"
" yes, it means TERNO"
" No, AMBU it does not mean TERNO, it means AMBO, two numbers......"
" Yes, AMBU is TERNO"
" No, AMBU is two numbers, TERNO is three numbers"
" Yes I know, My name is AMBU and it means TERNO"
"No, three numbers is TERNO, two numbers is AMBO and you are AMBU, ok?"
" Yes, AMBU is two numbers......TERNO"
.........
"Ambu, do you ever play lottery?"
" No, never"

Lo ho guardato negli occhi.
Aveva ancora quello stesso sorriso imperturbabile da cui traspariva la noncuranza e la indifferenza di chi ha imparato ad affrontare la vita con leggerezza senza preoccuparsi troppo, senza cercare di essere sempre perfetto.
La saggezza di chi prende la vita come viene.

Siamo esplosi a ridere entrambe in una lunga e incomprensibile risata.
Alla fine mi sono rivolto a lui:
"Ok, Mr TERNO....un cappuccino, please.........." 
Un grande maestro di vita.

martedì 13 dicembre 2011

Me and Michael






 

Salvador Bahia, terza città del Brasile.
Michael Jackson ha girato qui al Pelourinho, la parte alta della città, il video di "They don't care about us".
Circondato da centinaia di tamburi e dalla banda Olodum in un ritmo vibrante di batucada brasiliano, Jacko scendeva dalle strade del Pelourinho tra passetti, movimenti plastici e mosse feline in una marea umana colorata.
Come Michael, così anche io, dopo aver respirato qualche microparticella rimasta negli oggetti sfiorati da Jacko e dopo aver calcato le stesse pietre calpestate da lui, come posseduto dalla taranta pugliese mi sono messo a ballare in strada un ballo convulso e adrenalinico.
Solo una acqua di cocco mi ha riportato sulla terra liberandomi dall' incantesimo.

















E così la giornata è scivolata via, tra sogni di gloria e balli da celebrità, mangiando fejoada e bobò di camaroes, ascoltando Carlos Jobim e Caetano Veloso, passeggiando a piedi nudi per la spiaggia Praia dell' Ondina, osservando il mondo dalla Prassa do Elevador Lacerta in compagnia di amici colleghi.......maravilhosa Salvador...........


lunedì 12 dicembre 2011

Il portoghese non paga.....



E finalmente dopo tante indiscrezioni, gossip, notiziuole, mormorii, quisquilie, voci di corridoio e chiacchiere da barbiere che hanno sempre riguardato gli altri, portandone allo scoperto lati ridanciani e maliziosi, è venuto il momento di entrare in prima persona "cum laude" nel mio blog come protagonista. Un po' come il Morgante muore dalle risa, cosi' anche io sono cascato nella trappola dell'eccesso di confidenza, la "ubris", l'unico peccato che neanche gli Dei perdonano.
Siamo a Fortaleza, Brasile, Stato del Cearà.
E' la capitale del vento, la Mecca di kite surfer, windsurfer e sportivi nautici. Essendo sulla punta piu' a est del Brasile si espone a venti praticamente costanti.
Il Comandante mi chiama sul ponte di comando per fare gli annunci dell' arrivo in porto e mi raccomanda: "....c'e' tanto vento, ricorda di dire agli ospiti di portarsi una giacca".
Il mio portoghese e' piuttosto rustico e improvvisato, un dialetto genovese con alcune inflessioni sud americane e un paio di -ao alla fine delle parole.
Ora dall' alto della mia superbia e dal basso della mia ignoranza, mi sono detto: "come si dirà "giacca" in portoghese? Sicuramente si dirà "Jaca" con una "a" centrale un po' strascicata "
Parto con l'annuncio: "Sioras y siores bom dia e bemvindos em Fortaleza......y nao esquessen di trazer uma JACA....... " (.....e non dimenticate di portare una jaca....)
Purtroppo per me, Jaca in portoghese non vuole dire giacca.
Jaca e' un frutto tropicale.
Dopo 5 minuti alla reception si e' creata la fila:
"Porque uma Jaca? Aonde posso encontrar uma Jaca? Possu trazer uma banana? "
La caccia alla jaca era cominciata.......si credeva fosse una specie di raccolta di cibo per i poveri di Fortaleza o una specie di pranzo al sacco tropicale.........
Quando la confusione era arrivata al massimo, mi ha avvicinato la hostess portoghese e con un sorriso malizioso mi ha consigliato di fare un altro annuncio......ricordandomi che...."giacca" si dice "Casaco", non Jaca........