lunedì 13 febbraio 2012

La fucking favela Villa 31 de Retiro



L'altro ieri eravamo a Buenos Aires.
Come ogni porto sono sceso per andare a farmi la mia corsa quotidiana, in ogni porto dedico un paio di ore all'allenamento fisico.
Avevo deciso di andare al Parque Palermo, area verde della città nella parte ovest di Buenos Aires con prati e laghetti.
Per raggiungere questa area dal porto bisogna passare attraverso il quartiere Retiro, un area decisamente non simpatica e famosa per essere piuttosto pericolosa. Come ogni volta esco dalla nave e mi dirigo verso il centro passando davanti alla stazione degli autobus del Retiro.
L'itinerario normale impone di girare alla sinistra della stazione degli autobus e mantenere la strada principale.
Sicuro della mia conoscenza della città, in questa circostanza avevo deciso di andare per una nuova via alla scoperta di nuove aree metropolitane. Avevo deciso di girare alla destra della stazione degli autobus, sicuro che mi sarei ricongiunto ugualmente alla via principale poco dopo la deviazione.
La strada procede dritta dritta, non una deviazione, non un incrocio, una specie di percorso obbligato, come un cavo elettrico dentro alla bocca di un lupo la strada entra dentro a un barrio che non conosco. Senza neanche accorgermene sono dentro a una favela. Le costruzioni di lamiera e la case con i mattoni a vista mi mettono in allerta.
Osservo due ragazzini fumare qualcosa che non è una sigaretta, il loro sguardo è alterato e allucinato in una smorfia di allegria sintetica.
Procedo diritto alla ricerca di una via di uscita. Come nel Macbeth di Shakespeare, il tornare indietro sarebbe altrettanto doloroso quanto l'andare avanti. Cerco di restare sulla via principale, il degrado aumenta, case sempre piu' rovinate, figure sempre piu' losche, parchi giochi per bambini abbandonati, carcasse d'auto....dove cazzo sono finito?
Chiedo a qualche abitante con un aspetto degno e affidabile la via di uscita per ricollegarmi al centro, mi guardano con aria stupita e incredula, non credo abbiano mai visto uno straniero di corsa a torso nudo in questo posto.
Mi indicano una strada a un chilometro, un fottuto chilometro per uscire da questo inferno. Imbocco un vicolo che mi deve accompagnare al varco di uscita. Sono su uno sterrato in mezzo a una baraccopoli vera e propria.
Non ci sono piu' case di mattoni, solo baracche e cani di strada.
Mi faccio coraggio e procedo cercando di pensare positivo.
All'orizzonte a circa 200 metri di distanza si avvicina una figura di corsa, mi viene incontro un uomo in calzoncini neri e piedi nudi, lo sguardo alterato.
Qui si fanno di paco, un sottoprodotto della produzione della cocaina molto economico, la droga dei meninos de rua argentini.
Ha in mano una pistola. Me la sta puntando contro.
Mi intima di dargli tutto quello che ho in tasca dei pantaloncini.
Non so esattamente cosa passasse nel mio cervello, credo che la paura avesse prodotto una forma di anestetico al vetriolo. Mi sentivo lucido, consapevole e abbandonato. La realtà sembrava fosse diventata di vetro.
Ho sentito che la mia vita valeva quanto un pacchetto di Sobieski senza filtro, sigarette nazionali polacche che portai a mio fratello come souvenir da un viaggio in Nord Europa.
Gli ho porto con molta calma tutto cio' che avevo riposto in tasca: il mio orologio, il mio lettore MP3, un borsellino con circa 50 Euro. Mi ha tolto dalla testa gli occhiali da sole.
Mi ha sgridato dicendomi che non dovevo azzardarmi ad avventurarmi in quel posto. Gli ho risposto che mi ero perso e che volevo tanto non essere in quel posto.
Dopo avergli lasciato il tutto mi giro e torno indietro da dove ero arrivato sperando di non venire colpito alle spalle.
Mi allontano e dopo 500 metri un' altra coppia di ragazzi mi si affianca da dietro. Mi intimano di lasciarlgli anche le ultime cose che mi sono rimaste: le scarpe e la maglietta. Gliele porgo senza batter ciglio.
In calze e pantaloncini procedo a ritroso in cerca dell uscita.
Uno dei due ladruncoli prova una sorta di pena per me e mi restituisce le scarpe, o forse semplicemente non gli piacevano. Mi informa anche che se procedo diritto a ritroso su quella via secondaria incontrerò probabilmente altri dieci ladri e le possibilità di sopravvivenza sarebbe scese drasticamente.
Mi dice di essere finito nella favela Villa 31 de Retiro, la piu' pericolosa di Buenos Aires.
Mi fa da guida all interno della favela, mi accompagna verso la strada principale e mi abbandona. Cerco di camminare con  aria indifferente come se fossi parte della popolazione locale.  Guardo basso con passo spedito. L'uscita è vicina, la stazione degli autobus è a quattrocento metri.
All' uscita mi giro un' ultima volta verso la fucking favela. Mi sembra di essere Orfeo che esce dagli inferi. Ho ringraziato il Cielo e tutti i miei Santi protettori.
All'arrivo sulla nave sono piu' o meno in stato di choc, mezzo nudo, pallido come un cencio, ma consapevole di averla scampata bella.
Il giorno dopo una mia amica uruguaiana mi ha manda un articolo a riguardo di un giornalista francese lo stesso giorno nello stesso quartiere, sempre a Retiro ma nella parte piu' turistica, non nella favela, non ha avuto la mia stessa fortuna

http://www.infobae.com/notas/631043-Asi-asesinaron-al-reportero-grafico-frances-en-la-Plaza-San-Martin-de-Retiro.html  
 
Uno dei miei scrittori preferiti, Carlos Castaneda, sostiene che dobbiamo essere sempre pronti a morire e che la morte ci cammina a fianco in ogni istante......bene...io non la ho mai sentita così vicina come in questa circostanza.......
Pensieri filosofici a parte, oggi mi sento piu' maturo, piu' saggio e piu' adulto e soprattutto mi sento molto fortunato. Ringrazio il Cielo di essere qui a scrivere sul mio blog.
Un caro saluto a tutti
 

  


 

3 commenti:

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  3. Con quello che mi sono costati ti hanno fatto tornare a bordo???
    M

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